Come primo post sul mio blog, volevo condividere con voi le conclusioni della mia tesi di specializzazione in Psicoterapia. Esse sono basate sugli studi presenti in letteratura, sulla mia esperienza pratica nel servizio pubblico e sui validi insegnamenti ricevuti dai miei professori e tutor.
Conclusioni
Il punto centrale emerso in questa tesi è quanto sia difficile entrare in contatto e riuscire a comunicare con pazienti di una certa gravità. Questo è un processo che comporta una fatica per il terapeuta, non solo per poter effettuare una buona diagnosi sulla patologia e sul funzionamento del paziente, ma soprattutto per trovarsi sullo stesso piano di comunicazione e di sintonizzazione, per riuscire a “vedere e sentire il paziente attraverso i suoi occhi e le sue orecchie”. Il rispecchiamento a partire dall’espressione del volto e dalla mimica, la capacità di riuscire a riconoscere la persona, la sua mente, e trovare le parole adeguate che possano essere riconosciute e risuonate a livello sia implicito che esplicito è un’operazione che richiede di esserci, prima di tutto come persone, e poi come tecnici. Una madre sufficientemente buona che aiuta il paziente a riconoscere cosa appartiene alla realtà e cosa alla fantasia.
Distinguere le parti di sé dal non sé, nonché interpretare l’esperienza portandola ad un livello superiore e simbolico è un’operazione laboriosa. Attraverso la proiezione e l’introiezione, il paziente apprende come trasformare gli stimoli provenienti sia dal suo mondo interno che da quello esterno in qualcosa che possa tollerare. La buona alleanza terapeutica, che si costruisce attraverso una base sicura, un setting ben strutturato che permetta al paziente di muoversi liberamente, di sperimentarsi. Un’esperienza emotiva correttiva che vada a risanare sia il deficit che l’eventuale conflitto, permettendo al paziente di provare maggiore libertà (sia intrapsichica che interpersonale) e creatività. Un terapeuta sufficientemente buono deve riconoscere le risorse e i limiti dei pazienti. Deve rispettare i tempi necessari perché possa eventualmente avvenire qualsiasi cambiamento, anche piccolo, ma utile ed etico per i suoi pazienti.
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